Se pensate che il mondo della maglia sia solo al femminile, questa intervista – per fortuna! - vi lascerà piacevolmente colpiti: oggi parliamo con DARIO TUBIANA, ovvero ROSSO CARDINALE.
Dopo gli studi iniziali dedicati alla storia della cristianità e al giudaismo contemporaneo, Dario ha riscoperto l’amore per il lavoro a maglia – trasmessogli da sua madre già da bambino – al rientro a Roma dopo due anni trascorsi a Gerusalemme, una vera e propria terapia in un momento non facile della sua vita.
Da quel momento ne è nata una carriera, che l’ha portato sulla scena internazionale con importanti collaborazioni con le riviste The Knitter Magazine and Simply Knitting, nonchè per case di moda come Benetton, per la quale ha disegnato una collezione.
Il colore, come intuiamo anche dalla scelta del suo nome d’arte, è alla base del lavoro di Dario, sperimentale e in continua evoluzione.
Lasciamo dunque la parola a Dario Tubiana. Buona lettura!
Il tuo primo ricordo legato al mondo della maglia/uncinetto
Il primo ricordo che conservo legato al mondo della maglia è decisamente quello di mia madre intenta a lavorare a qualche maglione per me o mia sorella. A quel tempo, per me era tutto un po’ una magia. Vedere mia madre che avviava i punti sul ferro era una cosa straordinaria: una serie di movimenti che diventavano, alla fine, un maglione. Che cosa incredibile! Sono proprio questi gesti che mi hanno incuriosito e alla fine spinto a giocare con ferri e filati di mamma già quand’ero piccoletto. Una volta cresciuto, poi, ho ripreso in mano gli strumenti (sempre con mia mamma accanto) e ne ho fatto i ferri del mestiere.
Tre aggettivi per descrivere il tuo stile
Mah… vediamo. Sicuramente, il primo aggettivo che mi balza in mente è colorato. Io amo molto i colori, amo le lavorazioni a più colori e amo riuscire ad inserire colori nei capi classici per rendere una forma classica cromaticamente dinamica. È una delle prime cose a cui ho pensato quando ho iniziato a lavorare a maglia ed rimasto un caposaldo dei miei design. Tecnico è un’altro aggettivo che nel tempo s’è fatto spazio. Mi sono reso conto che più una persona lavora in un settore e più questa persona impara e riesce ad arricchire di tecnica e ad aggiungere valore alla propria artigianalità. Non dev’essere “tutto tecnica” secondo me, ma certo, riuscire a crescere tecnicamente mi ha dato la possibilità di esprimermi meglio e con maggior competenza. La creatività è importante, ma per alcune cose non può prescindere dalla tecnica. Infine, direi composito. A me piace molto utilizzare varie tecniche o vari filati in un unico progetto. È importante farlo con la consapevolezza dei rischi o dei limiti che due tecniche adoperate insieme portano seco, ma mi piace molto, per esempio, poter ricamare sulla lana o utilizzare filati differenti insieme per raggiungere effetti particolari.
Filato preferito e filato che proprio no?
Direi che se faccio una stima dei filati che ho ora in casa, non posso negare di avere un piccolo debole per i filati di alpaca. È un filato che in tutte le sue declinazioni mi dà sempre molto soddisfazione. Ultimamente sto lavorando Alpaca classic e Alpaca soft dk della Rowan e sono davvero molto soddisfatto. Oltretutto, hanno un’elasticità e un ritorno molto buon e tendono a non cedere una volta lavati. Un altro filato che non posso non menzionare (e che caratterizza molto il mio lavoro) sono i filati islandesi, come Lopi per esempio, o quelli britannici come Jamieson’s of Shetland e WYS colour lab. Lavorando con riviste anglosassoni utilizzo tantissimo questi filati e li trovo davvero eccezionali. Se proprio devo dirla tutta, ne amo anche la rusticità al tatto. La lana merino, invece, è genericamente un filato che davvero mi affatica e cerco di evitarlo del tutto. Lo trovo difficile da lavorare, morbido in principio ma di una morbidezza che non sempre rimane, e per me che tendo a lavorare abbastanza largo, l’ho sempre trovato davvero poco stabile in termini di cedevolezza.
Quale tra i tuoi pattern consiglieresti ad un principiante?
A dire il vero non so quale tra i miei pattern sia adatto a principianti. Non
perché voglia apparire più strutturato di quel che in realtà sono, ma perché spesso
anche i maglioni semplici con lavorazioni a più colori sullo sprone, benché semplici
contemplano 3 o anche 4 colori diversi in un solo giro, cosa che spesso risulta molto
antipatica a chi non ha esperienza con questo tipo di lavorazione.
Tra i pattern da donna senz’altro il poncho Koliada è una valida opzione per chi
vuole iniziare a lavorare in tondo. Tra i maglioni c’è Neva, un maglione aran con
costruzione classica da sferruzzare in piano, e Vaughan, un maglione con costruzione bottom-up da lavorare in circolare.
Tra i pattern per uomo, direi che Cadair Idris potrebbe essere simpatico da
lavorare. È un maglione bottom-up con motivi islandesi. Tra l’altro, in uno dei miei due
corsi he terrò a Knit Italia questo settembre, a Firenze, spiegherò proprio la tecnica
bottom-up facendo riferimento a questo pattern.
Quale, invece, tra le tue creazioni è quella che preferisci e perché?
Eh, qui è dura! Faccio fatica a dartene una, te ne dico un po’!
Allora abbiamo Prismatic Dusk, il primo maglione a spone circolare che ho
disegnato e al quale sono legato affettivamente per avermi aperto un po’ la strada da
designer. È stato grazie a questo design, infatti, che ho iniziato a lavorare con The Knitter Magazine e Simply Knitting.
Thorri, Losar e Glitch sono davvero molto belli e d’impatto, secondo me; ed è uno stile che mi piace molto anche proprio per le lane che ho utilizzato (Lettlopi, Jaminson’s of Shetland, Rowan Felted tweed).
Adler, infine, è senz’altro un modello molto importante per me perché rappresenta una svolta significativa nel mio lavoro da designer introducendo in modo
preponderante il ricamo si maglia.
Quindi, per arrivare a un punto, direi che Prismatic Dusk e Adler marcano un po’
due passaggi di registro cogenti nella mia crescita come designer oltre ad essere due
maglioni a cui sono molto legato.
Da cosa trai ispirazione quando crei un nuovo design?
Spesso, se disegno per lavoro, mi affido prima di tutto a un moodboard che mi viene dato. È importante restare all’interno di un macro tema per mantenere coerenza tra i modelli. Una volta introiettato il moodboard, inizio cercando di crearmi un moodboard sul tema, ma più personale e rispondente ad un’idea mia, e in questa fase
non ci sono limiti: libri, immagini, internet sono pane quotidiano per nutrire la ricerca creativa. Alla fine, la vera ispirazione viene cercandola, ma spesso dove non la cerchi.
Anche solo uscendo di casa e guardandosi intorno ci si può accorgere di qualcosa che può dare il la ad un progetto incredibile. Quindi sì, c’è un processo creativo che seguo per cercare di sviluppare un’idea, ma spesso se si ha la pazienza di guardarsi intorno, ci si accorge che ogni cosa è ispirazione. Per quanto buffo possa sembrare, mi capita spesso di ricordare quanto i panni stesi fuori dalle finestre, a Roma, formino spesso delle palette di colori incredibili ai quali fare riferimento. La gente non stende i panni pensando a i colori o seguendo una qualche ratio cromatica, e quindi spesso si ha la possibilità di vedere abbinamenti cromatici ai quali non avremmo mai pensato e dai quali possiamo prendere ispirazione. Se, invece, vogliamo evitare di avventurarci in accostamenti cromatici audaci, possiamo sempre guardare la natura. La compostezza della natura è indiscutibile sopra ogni dubbio.
Comfort knitting? E comfort food?
Comfort knitting è senz’altro la lavorazione a più colori. Non ci sono dubbi a riguardo. La lavorazione jacquard è sicuramente quella che più mi fa sentire al sicuro, che più mi rilassa e che posso fare i qualsiasi situazione. Comfort food… quello che non devo cucinare. Quindi qualsiasi cosa non fatta da me. La pizza a domicilio, per esempio, è una salvezza. :)
Lavorare a maglia adesso è importante perché….
Lavorare a maglia è sempre importante nella misura in cui ci fa stare bene e ci permette di passare momenti di pace e di benessere. In questo periodo di quarantena ci sono state molte iniziative legate alla maglia: situazioni comunitarie in chat, condivisione di pattern o lezioni gratuite, podcast e interviste interessanti e sconti notevoli da parte dei negozianti di lana (e non solo). È stato un periodo difficile e particolare in cui quest’arte tessile ha giocato un ruolo importante ed è riuscita ad avvicinarci malgrado la distanza. Come si è visto, infatti, il lavoro a maglia ci ha permesso di essere insieme malgrado l’isolamento di questi due mesi e quindi lavorare a maglia è importante perché anche quando si è soli, non si è mai davvero soli. C’è un filo che ci lega tutti.
Ringrazio di cuore Dario Tubiana per la sua disponibilità e per l’entusiasmo con cui ha accettato di partecipare a quest’intervista.
Il lavoro di Dario è già incredibile e sono sicura che non potrà che continuare a stupirci.
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